Quando abbiamo pensato insieme alla Segreteria Generale al titolo da dare al convegno di oggi, ci è sembrato opportuno ed efficace utilizzare due termini che riassumessero in maniera chiara la posizione della UIL sul tema delle pensioni. I due termini sono: incentivi e libertà. Proprio intorno a questi due termini svilupperemo le riflessioni e le proposte che abbiamo voluto fossero al centro del confronto di oggi. Un confronto al quale abbiamo chiamato esperti del mondo politico e accademico che, in molti casi, hanno idee diverse dalle nostre perché crediamo nella forza costruttiva della dialettica. Diciamo subito che il confronto fra Governo e parti sociali nelle ultime settimane sembra incamminarsi su un terreno caratterizzato da una maggiore serenità. Giudichiamo positivamente il fatto che il Governo ha accolto l’impostazione del sindacato di discutere innanzitutto dello sviluppo e delle politiche da adottare per rendere stabile, durevole e forte la crescita economica. Un clima costruttivo che, tuttavia, non è frutto del caso. Abbiamo impiegato mesi a spiegare che non c’era in Italia alcuna emergenza pensioni. Lo scorso settembre abbiamo proposto di non inserire il tema delle pensioni nella legge Finanziaria, fino alla definizione del memorandum sulla Previdenza che individuava le linee del confronto tra Governo e sindacati. Un confronto e una trattativa che nel merito è tutta da fare. Oggi tutti riconoscono una semplice verità: il sistema previdenziale italiano è tra i più equilibrati d’Europa. Non lo diciamo noi. Lo dicono i dati. Ed è ancora più in equilibrio se consideriamo in maniera disaggregata la spesa previdenziale da quella assistenziale. I dati statistici mostrano come il rapporto tra la pura spesa previdenziale del nostro paese e il PIL sia sensibilmente inferiore a quello dei maggiori paesi europei che vengono a sproposito presi ad esempio. Con buona pace delle istituzioni comunitarie ed internazionali che farebbero bene ad affinare gli strumenti di analisi 3 economica. Gli interventi strutturali già effettuati garantiscono un equilibrio sostanziale del sistema. Anche questo risultato non è casuale ma è frutto delle riforme degli anni 90 e soprattutto della Legge Dini. La Legge Dini è stata una riforma che ha cambiato completamente il sistema previdenziale italiano assicurandone la sostenibilità economica e ponendo il nostro Paese all’avanguardia in Europa in questo settore. Quella Legge è stata costruita con il sostegno e la condivisione di CGIL CISL e UIL ed il consenso referendario dei lavoratori. Una scelta coraggiosa, allora, che testimonia inequivocabilmente del senso di responsabilità e del rispetto delle compatibilità economiche da parte del sindacato confederale italiano. Per questo motivo oggi la Uil non accetta lezioni da nessuno riguardo il suo profilo riformista e il suo alto, profondo e costante senso di responsabilità nazionale. Su questo versante è il nostro comportamento che può essere preso ad esempio da molti dei nostri interlocutori.

Abolire lo scalone

Forte di questa consapevolezza, dunque, la UIL chiede al Governo di procedere, coerentemente con il programma dell’Unione, all’abolizione del cosiddetto scalone. A quanti ci chiedono di indicare come garantire la sostenibilità economica dell’abolizione dello scalone diciamo che già oggi, l’età media effettiva nella quale i lavoratori vanno in pensione è superiore ai 60 anni. Questo significa che un sistema flessibile e libero non produce comunque una uscita precoce dal mondo del lavoro. A questo aggiungiamo che con la Legge Finanziaria 2007 i lavoratori, dipendenti e 4 autonomi, sono stati chiamati a concorrere ulteriormente alla sostenibilità del sistema attraverso l’aumento significativo dei contributi previdenziali. Quindi il problema della sostenibilità economica dell’abolizione dello scalone è un falso problema agitato ad arte da chi vuole perseguire altri fini ed altri obiettivi con cui i conti economici hanno poco che vedere. Il principio della libertà, specialmente se associato ad opportuni e mirati incentivi, è invece il più efficace per garantire, a livelli significativi, un innalzamento dell’età pensionabile su base volontaria. E questo perché lavorare più a lungo risulta più sensato e produttivo se frutto di una scelta possibile. La libertà è sempre una pianta dalle molte e buone radici. La UIL, il sindacato dei cittadini, ha ben presente che la persona, l’individuo, non si esaurisce nella sua dimensione lavorativa ma si definisce complessivamente in quella sociale e in quella familiare. Una politica che non sostenga queste dimensioni provoca uno sfilacciamento dei legami del tessuto sociale. Consapevoli di questo siamo due volte contrari all’innalzamento dell’età pensionabile delle donne. Primo per la richiamata scelta di libertà. Secondo, perché in un sistema come il nostro che non sostiene con politiche sociali nuove ed adeguate la famiglia, la donna, oltre ad essere lavoratrice, è ancora caricata di compiti particolari e quindi la sua età pensionabile non può essere equiparata a quella degli uomini. La UIL non è contraria in linea di principio a definire una lista dei “lavori usuranti”. Chiediamo però ai nostri interlocutori: ci sarà un motivo per cui in tanti anni non si è riusciti a fare questa lista? La verità è che è molto complesso e difficile trovare criteri validi e univoci per produrre una classificazione chiara e oggettiva. Per questo crediamo che sia più efficace lavorare su incentivi 5 prevalentemente rivolti a migliorare la prestazione pensionistica futura lasciando libertà di scelta sull’età. La UIL è invece contraria ai disincentivi perché rappresenterebbero una iniqua penalizzazione. Del resto già il mancato accesso agli incentivi è di per sé un disincentivo.

No Revisione Coefficienti

Sbagliato e fuorviante ci sembra anche agitare contrapposizione generazionali. Proprio coloro che accusano il sindacato, in maniera del tutto infondata, di non preoccuparsi del futuro pensionistico dei giovani sono quelli che propongono la revisione dei coefficienti che farebbe precipitare la loro futura pensione sotto il 41% dell’ultimo stipendio. Una proposta, questa sì, contro le nuove generazioni. Anzi un vero e proprio attentato al futuro di intere generazioni. Su questo punto la UIL chiede una riflessione sulla Legge Dini e propone di fissare una soglia del tasso di sostituzione sotto la quale non si possa scendere. Ne va della credibilità e dell’efficienza del sistema previdenziale pubblico. Ma ne va anche della futura tenuta sociale del paese. Se poi qualcuno fonda l’esigenza di modificare i coefficienti soltanto sull’aumento dell’aspettativa di vita, siamo allora chiamati a ragionare su come quell’aspettativa sia effettivamente calcolata. Per tutti allo stesso modo? L’aspettativa di vita di un minatore è statisticamente la stessa di quella di un professore universitario? Su questa strada ci si incammina verso un sistema penalizzante per i lavoratori dei settori più disagiati e premiante per chi ha avuto la fortuna di lavorare in condizioni ambientali confortevoli. 6 Significa, cioè, muoversi verso un sistema previdenziale in cui il principio di solidarietà gioca alla rovescia: prende da chi è più debole per dare a chi è stato più fortunato. Applicare oggi i coefficienti di trasformazione inglobando in essi l’aumento della vita media dell’ultimo decennio significa introdurre un abbattimento di oltre l’8 per cento sulla pensione corrisposta col sistema contributivo ad un lavoratore. E’ una misura socialmente non tollerabile. La discussione sull’abbattimento dei coefficienti trova tra l’altro giustificazioni su una proiezione di crescita del paese inaccettabile. Nel dibattito nessuno ricorda che i coefficienti di trasformazione dipendono anche dal tasso di crescita del PIL. Applicare i coefficienti che ci vengono oggi proposti significa ipotizzare nel nostro Paese per i prossimi 50 anni un tasso di crescita del PIL dell’1,5 per cento. Noi non possiamo accettare che, con l’applicazione di tali coefficienti, il Governo voglia corresponsabilizzare il sindacato sulla scelta di un tasso di crescita così basso. Nel nostro ultimo congresso, svoltosi qualche mese fa, abbiamo sostenuto che non possiamo, non dobbiamo accettare tassi di crescita così bassi, perché questi indicano un Paese avviato verso un profondo impoverimento. Non possiamo accettare una siffatta impostazione. Perché l’applicazione dei coefficienti ha profonde e complesse implicazioni sul piano delle relazioni economiche e sociali. La nostra sfida non sta nel contrarre ulteriormente le prestazioni previdenziali. La nostra sfida sta invece nella capacità di scommettere e investire sulla crescita e sullo sviluppo, sostenendo la ripresa in atto e ponendosi l’obiettivo di una crescita del PIL e del lavoro stabilmente sopra il 2 %. 7 Applicare quei coefficienti significa infine semplicemente scaricare sul futuro prevedibili tensioni sociali. Crediamo, infatti, che con la revisione automatica dei coefficienti si realizzerebbe la spoliazione previdenziale di intere generazioni di lavoratori. Noi non vogliamo che qualcuno debba dire parafrasando un verso del Foscolo “tu non altro che il pianto avrai del figlio, o materna mia terra”.

Difendere la previdenza pubblica

Dietro tutti questi attacchi spasmodici, infondati ed immotivati, noi temiamo si nasconda il vero obiettivo: minare alle fondamenta il pilastro della previdenza pubblica. La UIL contrasterà questo disegno con tutte le sue forze perché la previdenza pubblica è uno dei connotati fondamentali della società italiana. Anzi, è uno dei connotati più qualificanti della nostra democrazia e del modello sociale europeo che vogliamo consolidare. Per questo motivo la UIL insieme alla UIL Pensionati chiede la rivalutazione delle pensioni e una migliore protezione del loro valore nel tempo. Crediamo che questo si possa fare coinvolgendo tutti i trattamenti in essere, pur dando priorità ai pensionati più poveri, valorizzando le storie contributive individuali e ristabilendo un collegamento dei trattamenti con la dinamica dei salari. Deve essere chiaro e dichiarato il principio generale che tutte le pensioni hanno il diritto di essere rivalutate.

Cinque interventi riformatori

In questi mesi fior di analisti e commentatori si sono esercitati, trovando adepti anche nella politica, nel sostenere che il tasso di riformismo del Governo e delle forze politiche si misurava sulla 8 capacità di fare l’ennesima riforma delle pensioni, uno di questi ha addirittura proposto “la riforma definitiva delle pensioni”. Costoro non sono riformisti. Solo i poeti possono credere, perché qualche volta ci riescono, di costruire monumenti più duraturi del bronzo. Non i riformisti che sono destinati a fare scelte nel e per il loro tempo. Il vero riformatore infatti è colui che opera per migliorare la vita delle persone e nel caso del sistema previdenziale per migliorare la qualità e la quantità, l’efficienza e l’efficacia delle prestazioni. Noi abbiamo chiaro in mente quali interventi veramente riformatori bisogna fare sul sistema previdenziale italiano. Per questo la UIL indica cinque settori sui quali esercitare un’incisiva azione riformatrice.

Separare Previdenza da assistenza

Il primo sul quale deve esercitarsi un vero riformismo è quello della separazione della spesa previdenziale da quella assistenziale. La distinzione non è di poco conto, soprattutto nell’ambito del regime contributivo che si fonda proprio sui contributi dei lavoratori che vanno a finanziare le prestazioni previdenziali. La Uil conduce questa battaglia da più di 20 anni. E’ stato un cavallo di battaglia soprattutto della UIL di Pietro Larizza. Quella nostra proposta fece breccia nel dibattito politico tanto che fu inserita nella Legge 88 del 1989 e ripresa dalla Legge 243 del 2004, salvo poi non essere mai stata pienamente attuata. Oggi molti osservatori e studiosi sostengono la bontà della nostra proposta. Attuarla ora è ancora più necessario per fare un’operazione verità sui conti del sistema previdenziale italiano alla vigilia del confronto tra Governo e parti sociali. Ciò nella responsabile 9 consapevolezza che, soltanto operando la separazione della spesa assistenziale dalla spesa previdenziale, diviene possibile discutere tra forze sociali e politiche all’insegna della chiarezza e della trasparenza. In un contesto di chiarezza e di trasparenza molte strumentalizzazioni sulla sostenibilità del nostro sistema previdenziale non avrebbero infatti mai avuto spazio e credibilità. La richiesta della UIL di separare la previdenza dall’assistenza non è quindi una mera questione di classificazione statistica, ma mira a rendere evidente la composizione della spesa perché è solo partendo dalla trasparenza di questo dato che diviene possibile muoversi più efficacemente nella direzione dell’attuazione di una maggiore equità e giustizia sociale. Se la comunità nazionale decide di erogare tutta una serie di prestazioni assistenziali, come noi pensiamo sia giusto fare, queste devono essere finanziate attraverso la fiscalità generale e non come avviene oggi con la contribuzione previdenziale dei lavoratori. E’ un’elementare questione di responsabilità che dovrebbe ispirare l’azione di ogni governo riformatore.

Armonizzare le norme

Il secondo settore è la necessità di armonizzare le norme che presiedono alla definizione delle prestazioni pensionistiche. Ci sono, infatti, ancora troppe e diversificate norme che consentono il permanere di rilevanti privilegi che causano forti ingiustizie ed iniquità. La UIL propone di bonificare la normativa eliminando tutti i privilegi ovunque si annidino: dalle cariche elettive e di nomina, all’alta dirigenza della pubblica amministrazione e ai vertici militari. Realizzando così contemporaneamente gli obiettivi di equità e di risparmio economico.

La Previdenza complementare

Il terzo settore nel quale deve esercitarsi l’azione riformatrice é quello del pieno sostegno al successo della previdenza complementare. L’anticipo di un anno dell’entrata in vigore della previdenza complementare, è stata fortemente voluta dalla UIL. Troppo tempo era stato perso con un danno enorme per il futuro pensionistico di intere generazioni di lavoratori. La UIL chiede ora al Governo di stringere i tempi per rispettare l’impegno di avviare da subito la previdenza complementare anche per i lavoratori del pubblico impiego. E anche per tutti i lavoratori atipici, studiando meccanismi di accesso e di finanziamento che ne permettano una reale e piena inclusione. La UIL si batté già in coincidenza della riforma Dini per dare vita ad un sistema di fondi negoziali che costruisse un secondo pilastro previdenziale, quello complementare. Adesso siamo impegnati in una grande campagna di informazione dei lavoratori per consentire loro una scelta chiara e consapevole verso i fondi negoziali che presentano vantaggi indiscutibili e tutele maggiori dovute alla loro natura associativa e partecipata Anche la battaglia che stiamo combattendo per l’affermazione della previdenza complementare si iscrive nella nostra visione del riformismo e consente di perseguire l’obiettivo di garantire una pensione integrativa indispensabile per assicurare un futuro dignitoso alle lavoratrici ed ai lavoratori. I fondi sono poi un’enorme opportunità di rilancio degli investimenti nei mercati finanziari e quindi un volano straordinario a sostegno della crescita economica e per lo sviluppo del paese. Infine va considerato che attraverso i fondi negoziali, i rappresentanti dei lavoratori concorrono alle scelte di tutte quelle aziende delle cui azioni dispongono. La loro affermazione dunque apre uno 11 spazio di partecipazione e attiva nuove dialettiche coerenti con la nostra visione di una vera e moderna economia sociale di mercato dove gli spazi di partecipazione dei lavoratori alla vita delle imprese si allargano e si sviluppano in maniera nuova e moderna. Questione importante è quella riguardante il tema della sicurezza e della trasparenza nella gestione dei fondi pensione. Riteniamo che agli organi di amministrazione e controllo spetti il compito di vigilare e di dare le linee di indirizzo della politica del fondo. Le risorse sono certamente gestite dalle società specializzate ma non deve esserci nessun corto circuito nel controllo, neanche per le attività esternalizzate. I lavoratori chiederanno infatti a noi conto della loro scelta e per questo siamo noi a doverci preoccupare del funzionamento di tutte le garanzie per la sicurezza del loro investimento. Investimento che, sia chiaro, è un investimento previdenziale e per questo meritevole di tutele e di controlli di altissimo profilo. Proprio per questo motivo abbiamo sempre difeso e difenderemo l’autonomia della COVIP. Lo vogliamo ribadire oggi proprio mentre il Governo ha annunciato che intende procedere ad un riordino delle Authority che sovrintendono il settore del risparmio. Crediamo fermamente che un’Authority indipendente che vigili sull’intero settore, fornendo regole certe e comuni e assicurandone il rispetto, sia una condizione indispensabile per accompagnare con sicurezza un passaggio epocale come quello della destinazione del TFR alla previdenza complementare. Dal decreto legislativo 252 la COVIP esce responsabilizzata, la sua funzione di vigilanza e i suoi compiti sono estesi e perciò la sua indipendenza va assolutamente preservata e tutelata. A riguardo la UIL si è battuta e si batterà affinché la COVIP conservi il suo profilo di Authority unica del settore. Non c’è infatti concorrenza e libero mercato senza vigilanza e 12 controllo. Non si può accettare che il riordino dell’Authority sia fatto per risparmiare piuttosto che per creare migliori condizioni di efficacia.

Riordino Enti Previdenziali

Il quarto settore nel quale un riformismo utile deve esercitarsi è quello del riordino e del riassetto degli enti previdenziali. Su questo tema, la UIL ha avuto subito una posizione chiara: siamo pronti a discutere e ad esaminare tutte le proposte volte a realizzare sinergie che portino ad ottimizzare la gestione e a migliorare i servizi per gli utenti. E’ necessario però sapere cosa si vuole veramente fare. Nei mesi scorsi sono state avanzate dal Governo troppe proposte frutto dell’improvvisazione. Alla fine è prevalsa la nostra idea di non affrontare nella legge finanziaria questo tema ma di discuterne in maniera serena e con i tempi necessari. Dopo questa riflessione si può arrivare alla progettazione di un ente previdenziale completamente nuovo che gestisca la previdenza dei lavoratori del settore pubblico e del settore privato e di un secondo istituto che gestisca tutta l’attività di assistenza. Esistono comunque ancora significative differenze tra pubblico e privato che ne rendono quantomeno problematica l’unificazione. Bisogna quindi essere consapevoli che questo è un processo lungo, complesso e che non consente scorciatoie e comportamenti ondivaghi. E’ per questo che abbiamo contrastato con successo, l’inserimento in Finanziaria dell’abolizione dei comitati regionali e provinciali dell’INPS e dei Comitati di Vigilanza delle gestioni dell’INPDAP. A riguardo abbiamo presentato, anche, un’utile proposta di riassetto in grado di rispondere ai cambiamenti intervenuti negli anni, che 13 consente di realizzare risparmi continuando però a garantire uno spazio importante di democrazia sociale. Contemporaneamente la UIL pensa che si debba approfondire la riflessione per arrivare al ridisegno complessivo del sistema di gestione duale, dal quale escano rafforzate le distinzioni e gli equilibri interni necessari a dare efficacia ai meccanismi di governance e di controllo.

Ampliare e rafforzare le tutele sociali

Il quinto settore nel quale dispiegare una profonda azione riformatrice è quello delle tutele sociali che vanno rafforzate e ampliate. Un sistema previdenziale equilibrato socialmente prima ancora che economicamente non può non tenere conto delle problematiche che derivano da un mercato del lavoro ormai profondamente mutato. L’atomizzazione dei contratti di lavoro e la frequente precarietà alle quali sono esposti molti giovani lavoratori si ripercuote, oltre che sull’incertezza del presente, anche sul loro futuro previdenziale perché essi risultano soggetti a una contribuzione previdenziale scarsa ed intermittente. Bisogna dunque coniugare da una parte le esigenze di flessibilità del mercato del lavoro, dall’altra l’esigenza di non penalizzare ulteriormente questi giovani e il loro futuro. Siamo convinti che un welfare giusto, una politica responsabile, debba farsi carico di un impegno che miri alla sostenibilità sociale del sistema. Per i giovani soggetti a una carriera almeno inizialmente intermittente e a bassi salari, chiediamo quindi che venga previsto un bonus di contribuzione figurativa a carico della fiscalità generale. Un bonus di massimo 24 mesi al quale il lavoratore possa attingere alla fine della sua carriera lavorativa 14 proprio per coprire eventuali buchi di contribuzione dovuti alla temporaneità dei nuovi rapporti di lavoro. E’ infatti il Paese nel suo insieme a doversi far carico, con responsabilità, di scelte di solidarietà e di giustizia sociale che vadano nella direzione di garantire a tutti un domani dignitoso e sicuro. L’intermittenza dei rapporti di lavoro apre anche il problema di contribuzioni accese in diverse casse di previdenza pubblica per periodi più o meno brevi. Da questo punto di vista deve esserci un impegno chiaro teso a rendere più facile la totalizzazione di periodi contributivi che spesso, presi singolarmente, non danno diritto alla pensione. Quei segmenti di contribuzione devono poter essere invece ricongiunti con estrema facilità così da poter creare un quadro previdenziale chiaro e completo che renda fruibile effettivamente il diritto alla pensione. Inaccettabile per la UIL è quindi che il limite minimo per poter accedere alla totalizzazione sia fissato in 6 anni contributivi continui. Dobbiamo eliminare questo limite e rendere più facile la ricostruzione previdenziale. Parallelamente, oggi più che mai, va intensificata la lotta all’evasione contributiva al fine di conseguire un obiettivo di equità e di reperire risorse che renderebbero ancora più sostenibile la spesa previdenziale. Provvedimenti straordinari sono stati in tal senso inseriti in finanziaria ma la strada per il futuro deve essere quella di un rafforzamento consistente delle ispezioni che impedisca sul nascere l’evasione contributiva. 15 Si può ragionare sull’estensione del Documento Unico di Regolarità Contributiva e vanno al contempo rafforzati gli strumenti dell’INPS e dell’Agenzia delle Entrate attuando una positiva sinergia. In questo modo, oltre a permettere controlli incrociati, si possono far emergere situazioni di irregolarità sia sotto l’aspetto dell’evasione contributiva che sotto quello dell’evasione fiscale vera e propria, due aspetti che molte volte si presentano insieme e che insieme vanno combattuti. Interventi strutturali come questi, però, devono necessariamente inquadrarsi in una ridefinizione dell’intero sistema di stato sociale, a partire da una riforma degli ammortizzatori sociali. Soprattutto oggi con un sistema previdenziale basato sul regime contributivo. Una riforma vera degli ammortizzatori sociali è dunque una condizione essenziale per la tenuta dell’intero sistema e perché sia veramente lo Stato, con responsabilità, a farsi carico delle scelte di solidarietà e delle politiche di sostegno e di assistenza. Amici e compagni, sull’insieme di questi temi abbiamo realizzato un significativo ed importante momento di convergenza e di sintesi con CISL e CGIL. Allo stesso tempo ci aspettiamo che anche il Governo definisca una proposta condivisa ed unitaria per poter avviare il confronto che ci attende. Un confronto che va comunque inserito all’interno di una discussione più ampia volta ad individuare politiche di interventi che favoriscano prima di tutto la crescita e lo sviluppo del paese. 16 Per quel che oggi ci riguarda possiamo affermare che CGIL CISL e UIL si presenteranno a tale confronto con il Governo certamente con sensibilità diverse, ma sostanzialmente unite. Questo risultato, nient’affatto scontato, è molto importante. Ci permetterà anche di avviare la discussione con i lavoratori in maniera proficua entrando nel merito dei problemi. Da questa discussione la nostra proposta sarà sicuramente arricchita, perché la forza del Sindacato Confederale Italiano risiede nella sua costante capacità di ascoltare veramente le istanze dei lavoratori e di non essere autoreferenziale.

Una “certa idea” dell’Italia

Questa è la visione che la UIL ha del sistema previdenziale del futuro e degli interventi che bisogna porre in essere. Un sistema moderno nella sua concezione e nel suo impianto; efficiente nel fornire le prestazioni, efficace per la capacità di rispondere ai bisogni e alle attese dei cittadini. Questa nostra visione è coerente con l’idea che noi abbiamo del futuro del paese. La UIL ha una “certa idea dell’Italia”. L’idea di un’Italia dinamica che punti allo sviluppo e alla crescita, che valorizzi i suoi enormi giacimenti economici, sociali, culturali e umani. Un’idea dell’Italia che investe nell’innovazione, nella ricerca e nella diffusione dei saperi. Noi siamo fortemente impegnati affinché questa idea si affermi. 17 Chiediamo a tutta la classe dirigente del paese di saper suscitare ambizioni di futuro piuttosto che, come purtroppo spesso accade, di avere essa ambizione sul futuro. Ambizioni di futuro fondate non su astratte e populistiche illusioni ma su un chiaro progetto riformatore. Questo potrà accadere solo ampliando gli spazi di libertà, e di conseguenza le opportunità per le persone. La UIL lavora ogni giorno per suscitare questa ambizione di futuro, al fine di assicurare all’Italia un ruolo da protagonista in Europa e con l’Europa nel mondo.