Una sola parola d’ordine: non abbassare la guardia. Con un obiettivo primario: tutelare le categorie più fragili e, in particolare, gli anziani. E uno strumento fondamentale: non bloccare più l’attività della sanità ordinaria. Perché non si ripeta quello che è successo la scorsa primavera quando, nei tre mesi di massima diffusione dell’epidemia da Covid-19, da marzo a maggio, il numero di decessi fra gli over 65 in Veneto si è impennato del 23%, rispetto allo stesso periodo del 2019, con circa 2mila morti in più. Un aumento repentino ed esponenziale, dato che a gennaio-febbraio di quest’anno le morti fra gli anziani erano addirittura in calo del 14% rispetto allo stesso periodo del 2019. Un aumento, infine, da imputare al virus solo in parte, se si considera che i decessi di persone positive al Covid rappresenta l’8% del totale. Così, Spi, Fnp, Uilp Veneto in una nota unitaria emanata il 23 ottobre.
“Questi numeri ci dicono che gli anziani devono aver paura di due cose durante questa seconda ondata di contagi: del virus stesso, che ormai sappiamo essere molto feroce con i più fragili. E di un altro blocco della sanità ordinaria, che impedisce qualunque accesso a visite diagnostiche, specialistiche e agli screening”, spiegano i Sindacati dei pensionati “ma se il Covid come malattia si evita in primo luogo adottando ciascuno comportamenti responsabili, è la Regione che deve mettere in campo ogni risorsa contro “l’effetto Covid”, affinché i cittadini non restino senza presidi sanitari di riferimento per curarsi. In primavera eravamo impreparati, ora sarebbe ancor meno accettabile”.
Il grido d’allarme e l’appello lanciato dai sindacati veneti dei pensionati nascono da un’attenta analisi dei dati presenti nelle banche dati dell’Istat e dell’Istituto Superiore di Sanità, rielaborati nel report “L’impatto del Covid-19 sulla popolazione anziana in Veneto” .Come detto, l’impatto della pandemia è stato evidente in primavera con una impennata di decessi fra la popolazione anziana (la ricerca ha esaminato tutti i 558 Comuni veneti) imputabile sia al virus, sia alla mancanza di cure adeguate dovuta al blocco delle prestazioni ordinarie e alla saturazione delle terapie intensive. Una paralisi, l’effetto Covid, che ha causato forse più danni indiretti del Covid stesso, come dimostra la ricerca: il report, infatti, tenta per la prima volta la stima degli anziani veneti morti positivi al Covid 19, quasi 1.400 da gennaio a maggio (su un totale di 17.600), di cui 900 nel trimestre critico marzo-maggio (su un totale di 11.100).Per quanto riguarda proprio il trimestre marzo-maggio l’indagine, infine, si è soffermata sui comuni capoluogo (escluso Belluno, dati non disponibili) per valutare le fasce d’età più colpite: se fra gli anziani “giovani”, fra i 65 e i 74 anni, la mortalità dal 2019 al 2020 è aumentata “solo” del 2,6%, per la fascia 75-84 anni sale al 22,2% mentre per gli over 85 l’aumento è del 23,6%.
“Anche se è molto probabile che gli anziani morti per o con Covid siano molti di più, perché non sono stati eseguiti i tamponi su tutti i decessi nel periodo critico, questa ricerca conferma con i numeri una cosa che finora si supponeva, e cioè che il blocco della sanità ordinaria ha favorito l’aggravarsi di malattie preesistenti, e la mancata diagnosi tempestiva di altre», concludono i Sindacati dei pensionati, “inoltre, suggerisce di porre la massima attenzione su ciò che potrà accadere nelle prossime settimane, perché la scorsa primavera l’impennata dei contagi e dei morti da un mese all’altro è stata impressionante e ingestibile”.
Leggi QUI il report a cura di Spi, Fnp, Uilp Veneto