Presentata oggi a Firenze, in occasione dei direttivi unitari dei sindacati dei pensionati di Uilp, Spi ed Fnp, la piattaforma unitaria su: sanità, sociale e servizi sociali.
Il perdurare della crisi con le sue gravi e pericolose conseguenze, il mancato adeguamento del Fondo Sanitario Nazionale rispetto a quanto concordato dalla conferenza Stato Regioni, Il patto di stabilità che blocca, o riduce drasticamente, le possibilità di spesa degli Enti locali richiedono un rinnovato e forte impegno unitario per riaffermare la centralità del welfare, anche Regionale e locale, come importante motore di sviluppo.
In funzione di quanto sopra e come previsto dal protocollo d’intesa sulle relazioni sindacali sottoscritto fra OO.SS confederali e di categoria, e Regione Toscana le Organizzazioni Sindacali dei pensionati SPI-CGIL; FNP-CISL e UILP-UIL pongono all’attenzione delle istituzioni, Regione Toscana e Enti Locali, alcuni temi in merito a servizi di primaria importanza che non riescono a produrre i risultati attesi nei territori. Per questo chiedono alla Regione un tavolo di confronto sulle materie di propria competenza.
Inoltre, i contenuti di questa piattaforma saranno punto di riferimento per le strutture territoriali di SPI-FNP-UILP per i confronti da aprire a quei livelli, in sintonia con le Confederazioni CGIL-CISL-UIL.
Per il confronto con gli Enti Locali il protocollo d’intesa sottoscritto il 25 Gennaio 2016 da SPI-FNP-UILP con l’ANCI Nazionale e gli accordi realizzati con l’ANCI in Toscana rappresentano i punti di riferimento per sviluppare le relazioni sindacali. L’obiettivo comune dell’intesa raggiunta è di qualificare la spesa sociale potenziandone l’efficacia, dare una più ampia progressività al prelievo fiscale ed estendere esenzioni e agevolazioni ai pensionati con bassi e medi redditi.
La non autosufficienza:
nella nostra regione la popolazione anziana, nel 2014, ha superato le 916.000 unità ed è previsto un amento del 17% da qui al 2025. Gli anziani che vivono da soli sono circa il 26% del totale e pur in presenza di dati positivi sull’aspettativa di vita dobbiamo prendere atto che non aumenta l’aspettativa di vita in salute. 75.000 anziani, oltre l’8% del totale, presentano disabilità in almeno una delle attività fondamentali del vivere quotidiano. L’insieme di questi fattori genera nuovi bisogni assistenziali ai quali occorre dare risposte. Nonostante le apprezzabili risorse messe in campo dalla regione con il fondo per la non autosufficienza i risultati sono ancora scarsi. Non riusciamo ad avere dati certi sul livello di copertura dell’ADI che rimane molto basso e presenta incrementi inferiori al dato nazionale con un livello medio di prestazione per i servizi attivati pari a 20 ore annuali.
Chiediamo, ai livelli istituzionali e alle aziende interessate, una verifica sui seguenti punti:
- Dotazione e utilizzazione del Fondo Regionale, che deve crescere in ragione dell’aumento, ancora scarso, delle risorse destinate al Fondo Nazionale
- Utilizzazione delle quote sanitarie e dettaglio delle quote aggiuntive per decidere come rispondere al meglio ai bisogni territoriali per la residenzialità.
- Assistenza Domiciliare Integrata (ADI), livello di copertura del bisogno e analisi dei risultati raggiunti nonché definizione di possibili risposte per garantire una domiciliarità in grado di alleviare il peso sulle famiglie
- Bassa Intensità Assistenziale (BIA), verifica della sperimentazione, progetti presentati, moduli attivati e prime valutazioni sui risultati, ma soprattutto analisi dei risultati prodotti dalla delibera 594/2014 che, oltre alla (BIA) prevedeva l’attivazione di altre soluzioni importanti quali gli appartamenti “protetti” da destinare ad anziani fragili sempre per supportare la domiciliarità degli anziani
- “Pronto Badanti”, attivato in alcune zone in via sperimentale per un anno, senza tener conto delle nostre osservazioni, e poi esteso, con DGR 946 del 6 ottobre 2015, a tutto il territorio Regionale. Chiediamo di poter verificare, nel merito, il rapporto fra i costi del progetto e i risultati, misurabili nel miglioramento del livello di assistenza degli anziani fragili, a nostro avviso ancora molto scarsi. Permane ancora nella delibera 946 la totale assenza di “equità” nell’erogazione del contributo. Continuiamo a chiedere che al centro del progetto ci sia l’emersione del lavoro delle/degli assistenti familiari, la qualificazione con una formazione snella e sostanziale e l’intreccio operativo con i servizi socio sanitari territoriali a partire dal Medico di Medicina Generale.
I Servizi territoriali
Siamo ancora molto distanti dal raggiungimento degli obiettivi previsti dal Piano e dalle delibere Regionali. Mentre da una parte si è avviato il modello ospedaliero per “intensità di cure”, con taglio significativo di posti letto, dall’altra non si sono attivati i moduli previsti per le “cure intermedie” e i servizi per la sanità territoriale. Il risultato è estremamente preoccupante, soprattutto per gli anziani. Le dimissioni del paziente spesso avvengono quando questo ha ancora necessità di cure infermieristiche qualificate e continue (che molte famiglie non sono in grado di gestire) . Così se il servizio domiciliare è carente e i posti letto promessi per le cure intermedie non sono stati attivati, al cittadino non rimane che provvedere privatamente, se può permetterselo. Chi non può, come dimostrano recenti indagini, è costretto a rinunciare a curarsi.
Liste d’attesa: dopo le ripetute sollecitazioni da parte sindacale, la Regione, con DGR 694 del 4 settembre 2014, ha stanziato 10 milioni per il triennio 2014-16, finalizzati alla riduzione dei tempi di attesa. Dopo oltre un anno, nella maggior parte dei territori non si registrano miglioramenti degni di nota. Stessa considerazione vale per le cure odontoiatriche in riferimento alla DGR 426/2015 che stanzia quasi cinque milioni nel triennio ma che, ad oggi, non sta producendo i risultati sperati. Chiediamo un attento esame rispetto alla destinazione delle risorse e di attivare immediatamente iniziative per dare risposte concrete.
Case della salute: con DGR 334 del 6 Maggio 2013 la Regione approvò e finanziò una serie di progetti territoriali per l’implementazione delle Case della Salute che, con quel provvedimento, avrebbero dovuto raggiungere le 90 unità, per arrivare a120 secondo quanto affermato dalla Regione stessa.
Dopo oltre due anni, nonostante la DGR 117 del 16 Febbraio 2015 che approva le linee di indirizzo per le aziende sanitarie, in molti territori quegli impegni non hanno prodotto risultati apprezzabili. Si assiste ad un “rimpallo” di responsabilità fra i diversi livelli del sistema. Ma non si fanno passi in avanti degni di nota. Su questo riteniamo necessario e urgente fare chiarezza sui livelli di responsabilità.
Per queste ragioni, condividendo i contenuti del vigente “Piano Sanitario e Sociale Integrato Regionale (PSSIR)” e considerando le risorse che la Regione ha, da tempo, destinato alla messa a regime di questi servizi, ne rivendichiamo la piena attuazione.
Ribadendo che gli atti approvati individuano nelle “le Case della Salute il presidio di erogazione e raccordo operativo per i servizi sociosanitari territoriali, capace di assicurare una risposta di qualità nelle cure primarie orientate alla comunità”.
- Rafforzare le politiche di genere. In un’ottica di promozione della salute occorre sostenere la “medicina di genere”, rilanciando anche i consultori e mettendo in campo azioni di prevenzione e contrasto alla violenza con progetti trasversali fra i sessi e le generazioni.
- Gli Enti Locali. La legge Regionale 68/2011 disciplina la partecipazione degli enti locali all’accertamento dei tributi regionali. Per gli enti che partecipano all’accertamento fiscale dei tributi regionali è attribuita una quota pari al 50% delle maggiori somme riscosse a titolo definitivo dalla regione. A questo si aggiunge il contributo Statale per la lotta all’evasione fiscale e contributiva. Per il triennio 2015-2017, è attribuito ad ogni ente locale il 100% degli importi evasi, accertati dallo stesso, e recuperati nell’anno precedente. Nel 2013, 185 comuni toscani avevano aderito ai patti antievasione. Ad oggi risulta che solo 51 di questi abbiano svolto nel 2014 una qualche attività di contrasto all’evasione peraltro con risultati scarsissimi, nella maggior parte dei casi addirittura insignificanti. L’esame di questa situazione ci consente di affermare che: (nonostante il “patto di stabilità” e la riduzione di trasferimenti dal governo centrale agli Enti Locali, misure contro le quali ci siamo battuti e continueremo a farlo) ci sono risorse disponibili da investire nel rafforzamento del Welfare locale. A questo punto gli enti locali non possono più sottrarsi dicendo che non vogliono fare gli esattori per conto di “altri”. Non ci sono “altri”. Le risorse recuperate possono essere investite direttamente dall’ente l’anno successivo. Con quelle risorse l’ente locale può essere attore di politiche redistributive rafforzando equità ed eguaglianza in termini di servizi resi alla propria comunità. Chiediamo quindi la definizione di azioni certe per il recupero dell’evasione fiscale (risorse umane e mezzi).
- Unioni di comuni, gestioni associate e fusioni: nell’ottica di una, possibile, riduzione dei costi dei servizi, e della tassazione locale che grava sui cittadini, chiediamo un maggiore impegno degli Enti Locali in questa direzione. Siamo convinti che un piano concreto di fusioni, sostenuto dall’ANCI e incentivato con maggior forza dalla Regione sia la risposta più appropriata e anche un segnale importante per recuperare un po’ di fiducia dei cittadini verso le istituzioni. I risparmi ottenuti dovrebbero essere investiti per migliorare il welfare locale.
La casa:
proponiamo di riaprire il confronto ad ogni livello, affinché il problema dell’abitare assuma la centralità che merita. Il diritto ad una casa è fondamentale per affermare i diritti di cittadinanza.
Il passaggio dalle politiche per la casa alle politiche dell’abitare si realizza anche attraverso un ventaglio di azioni che promuovano sinergie e collaborazioni tra pubblico e privato e favoriscano la solidarietà e lo sviluppo delle reti territoriali. Individuiamo alcuni campi di intervento, iniziando dal sistema di Edilizia Residenziale Pubblica (ERP) che andrebbe rapidamente ricondotto a forme di gestione più appropriate.
- Chiediamo alla Giunta Regionale di provvedere con urgenza all’approvazione delle modalità operative della L.R n°13/2015 per il sostegno alle “agenzie sociali per la casa”. La legge prevedeva novanta giorni di tempo per l’emanazione dei regolamenti. E’ passato oltre un anno e le difficoltà per i nuclei familiari più svantaggiati di reperire un alloggio a prezzi accessibili sono addirittura aumentate. Sul fondo di sostegno agli affitti riteniamo inaccettabile il taglio operato dal governo e chiediamo di verificare, nel merito, l’impegno della Regione e degli Enti locali per il pieno utilizzo del fondo disponibile, rafforzandolo nelle aree di maggiore criticità.
- Necessitano politiche in grado di stimolare la riqualificazione del patrimonio abitativo degli anziani che spesso è sottoutilizzato e grava pesantemente sui bilanci delle famiglie.
- Chiediamo di prevedere agevolazioni fiscali e creditizie per adeguamenti e messa a norma degli appartamenti ed azioni di accompagnamento da parte degli uffici comunali e dei servizi sociali, per rendere disponibili spazi autonomi da affittare a canone sostenibile a giovani coppie, studenti, lavoratori fuori sede, ecc. Ciò potrebbe costituire fonte di reddito per l’anziano e possibile scambio sociale tra generazioni.
- Condomini solidali: seguendo gli esempi di S. Quirico D’Orcia e di Lastra a Signa, possiamo pensare al recupero anche di strutture dismesse per appartamenti destinati agli anziani con spazi comuni e un supporto di servizi di bassa soglia. Altro filone su cui lavorare, prendendo a riferimento esperienze positive già in atto, è la possibilità di istituire il/la cosiddetta/o badante di condominio. Una figura professionale adeguatamente formata dalla struttura pubblica territoriale. Si tratta di un operatore, assunto direttamente dai condomini, che integra l’assistenza offerta ai cittadini dal Servizio sanitario Nazionale. Una sorta di “antenna” nel rapporto fra anziani fragili, medici di famiglia e servizi socio sanitari.
I servizi pubblici locali: chiediamo di rimettere al centro i “diritti dell’utenza”.
- Ciclo raccolta e trattamento dei rifiuti e Servizio idrico: si registrano notevoli inefficienze del sistema che vanno a gravare in modo pesante sulle bollette dei cittadini, incidendo pesantemente sul reddito dei pensionati, con differenziazioni territoriali insopportabili all’interno della stessa Regione.
- Trasporto Pubblico Locale: rilanciare una politica di tariffe agevolate per incentivare l’uso del mezzo pubblico anche per contrastare i fenomeni crescenti di marginalizzazione ed esclusione degli anziani. Prestare una particolare attenzione alle periferie, alle comunità montane e rurali, alle isole, dove occorre un maggiore intervento pubblico a sostegno dei servizi di trasporto “a domanda debole”.
- Trasporto sociale: La bagarre che si è aperta, di recente sulla stampa, desta forti preoccupazioni. Oltre l’80% del servizio è utilizzato da disabili e anziani in particolari situazioni di difficoltà e solitudine. Il tema è di competenza dei Comuni, ma la questione non può essere affrontata prendendo come riferimento i parametri economici del libero mercato. La regione Toscana ha risolto positivamente la questione del trasporto sanitario.Ora occorre che, anche per il trasporto sociale, si apra un percorso in grado di sostenere gli Enti Locali nel mantenimento in convenzione e potenziamento di quel servizio. La strada che indichiamo è quella di un forte coordinamento dell’ANCI e un impegno della Regione ad emanare delle linee guida per aiutare i comuni ad aderire al progetto.
- Formazione permanente Chiediamo di rilanciare progetti di formazione permanente in grado di dare risposte alle esigenze formative degli adulti e degli anziani per dare sostanza al concetto di “invecchiamento attivo”.
- Sanità integrativa e risorse per il sistema Il proliferare di fondi di sanità integrativa “contrattuali” dai quali, oggettivamente, sono esclusi i cittadini in condizioni di maggiore fragilità, anziani, precari, disoccupati, richiede una riflessione che, come sta avvenendo in altre regioni, partendo dalle organizzazioni sindacali e datoriali, chiami in causa l’istituzione Regionale. Chiediamo di aprire un confronto che potrebbe, ad esempio, pensare ad un “fondo territoriale Regionale” per la sanità integrativa per l’erogazione di prestazioni extra LEA, aperto all’adesione volontaria di cittadini anche non lavoratori, che riconduca al proprio interno, in tutto o in parte, le risorse dei fondi contrattuali con l’obiettivo di allargare le prestazioni con carattere di universalità. Ciò anche con un intervento pubblico che favorisca la partecipazione, la mutualità, e il sostegno verso i soggetti più svantaggiati.
Firenze 4 Aprile 2016