In questi giorni quasi tutti i maggiori quotidiani e alcune reti televisive hanno scritto e parlato, in forma trionfalistica, della fuga degli iscritti dai Sindacati confederali, salvando solo la Uil, che invece cresce. Ora, essendo io un sindacalista della Uil, sono ovviamente lieto del riconoscimento che il mio Sindacato è in crescita; per il resto invece non sono assolutamente soddisfatto.
Se la perdita di iscritti ai sindacati fosse sostanzialmente vera, in un Paese democratico non dovrebbe preoccupare solamente le organizzazioni sindacali, ma tutti i cittadini che credono nella democrazia. La riduzione ulteriore dei livelli di partecipazione democratica nella vita della nostra società produrrebbe infatti inevitabilmente un restringimento degli spazi di democrazia.
Se già i partiti politici non hanno più iscritti e strutture organizzate sul territorio nazionale dove sviluppare, come avveniva in passato, i dibattiti e i confronti con i cittadini dei singoli territori. Se continuano a sparire, giorno dopo giorno, associazioni che hanno svolto ruoli importanti di informazione, confronto, formazione. Se non avvertiamo più la voce autorevole degli intellettuali che con i loro manifesti pubblici, molto noti fino alla fine degli anni ‘80, mettevano in guardia i cittadini sulle derive del potere, sulle guerre per interessi economici, sull’importanza dell’autonomia della magistratura, sulla tutela dell’ambiente, sul valore della conoscenza, ecc. Dobbiamo concludere che la qualità della nostra democrazia si è gravemente deteriorata.
In ogni caso, se ci sono state flessioni nel numero dei lavoratori iscritti ai Sindacati, bisogna anche tenere conto dei dieci lunghi anni di crisi economica e del susseguirsi di governi neoliberisti che hanno rifiutato ideologicamente il confronto con i Sindacati e portato il Paese nella più pesante recessione economica, sociale e occupazionale del dopoguerra.
Come si può, peraltro, parlare di crisi della rappresentanza in un sistema dove ad ogni elezione per il rinnovo delle Rappresentanze sindacali unitarie il 90% degli aventi diritto al voto va liberamente a votare e vota per i candidati di Cgil, Cisl, Uil? In quale altra organizzazione democratica accade una cosa simile?
Si deve quindi concludere che non solo i Sindacati hanno tenuto organizzativamente, ma hanno anche evitato il pericolo della rottura sociale del Paese, difendendo la sua coesione.
La verità è che la debolezza della politica mal sopporta i Sindacati, specialmente quelli confederali che sono strutturati ed organizzati su tutto il territorio nazionale, perché sono gli unici baluardi in difesa dei diritti, della solidarietà, delle tutele e quindi i partiti moderni fanno di tutto, con l’aiuto dei media compiacenti, per denigrarli, delegittimandoli al fine di indebolirli e renderli inoffensivi.
Il vero problema del nostro tempo è il cambiamento epocale che purtroppo la politica non ha compreso.
Una recente ricerca ha dimostrato che una cultura per poter vivere oltre i 25 anni ha bisogno di un tasso di natalità del 2.11; valori inferiori a questi determinano la morte di quella determinata cultura. Come noto, il tasso di natalità in Italia è dell’1.2, molto al di sotto di quel 2,11 necessario a mantenere viva la cultura. La nostra cultura è quindi destinata a spegnersi, in quanto anche se tornassimo adesso a fare figli come prima della guerra, ci vorrebbero dagli 80 ai 90 anni per riportare il tasso di natalità sopra il 2.11.
I politici possono stare tranquilli, loro non hanno una cultura … da perdere.
Romano Bellissima
Roma, 12 settembre 2018