In un Veneto che evidenzia in tutti i modi la propria efficienza in questa emergenza sanitaria, i Sindacati dei pensionati invocano un cambio di rotta concreto sul delicato fronte delle case di riposo. La situazione in cui sono sprofondate (una quarantina di decessi fra gli ospiti e oltre 500 contagi che coinvolgono anche gli operatori), crea panico fra gli oltre 30mila anziani veneti – che hanno in media 85 anni e sono spesso afflitti da più patologie – ospitati nelle 378 strutture (136 pubbliche e 242 private) distribuite nel territorio. Panico condiviso anche dagli operatori che lavorano nelle Rsa a tutti i livelli. E che lascia nello sconcerto anche le famiglie di tutti, pazienti e personale.
«La Regione non sta dando indicazioni operative immediate sulle case di riposo, si è visto anche con il deludente aggiornamento del Piano di sanità pubblica che di fatto non dice nulla. Mentre noi siamo ancora in attesa che convochi il tavolo tecnico che coinvolga sindacati e associazioni», lamentano Spi, Fnp e Uilp. Stando agli annunci di Zaia e dell’assessora Lanzarin, il problema dell’approvvigionamento dei dispositivi di sicurezza pare risolto, «ma deve essere garantita la loro tempestiva e capillare distribuzione per tutti, personale e ospiti». Quanto ai tamponi, cominciati da pochi giorni anche nelle Rsa e per i quali ci sono degli oggettivi ritardi nelle analisi, «devono avere la priorità, per capire realmente la situazione di ogni casa di riposo e procedere all’immediata separazione degli ospiti contagiati dagli altri».
Situazione che è problematica non solo dal punto di vista sanitario, ma anche del personale. «Sono giorni che sentiamo dire – cosa peraltro proposta dai sindacati – che si rinforzerà l’organico delle Rsa attingendo dal personale dei centri diurni ora sottoccupato, o con nuove assunzioni temporanee: ancora non c’è traccia di questo». E sul fattore umano, è inammissibile che i contatti fra gli ospiti e i loro famigliari, ora che le visite sono vietate, dipendano solo dalla buona volontà degli operatori: «La Regione – suggeriscono i sindacati – deve obbligare le direzioni delle Rsa a consentire i contatti fra ospiti e familiari tramite tutti i mezzi tecnologici possibili, anche per contrastare la solitudine e la sensazione di abbandono». E aggiungono: «Non si può demandare, come è stato fatto, la gestione dell’emergenza nelle case di riposo a futuri Piani di sanità pubblica specifici una volta che sarà fatta la valutazione del rischio grazie ai tamponi. Va deciso adesso cosa fare, e va fatto ora anche in forma preventiva».
I sindacati dei pensionati, dunque, accusano la Regione di procedere al rallentatore su questo delicatissimo fronte e chiedono che vengano creati precisi coordinamenti provinciali.«Non si può perdere più tempo», concludono Spi, Fnp e Uilp del Veneto, «Chiediamo la creazione di vere e proprie task force provinciali con la regia dei prefetti. Dove ci sia un effettivo coordinamento fra Ulss, centri di servizi distrettuali, conferenze dei sindaci, case di riposo e sindacati, per monitorare e affrontare la situazione nelle residenze per anziani pubbliche e private. Ma anche l’assistenza domiciliare, che è un altro fronte molto delicato».