“Superare l’attuale modello delle rsa: l’anziano non autosufficiente o che comunque necessita di assistenza, ha diritto di invecchiare a casa propria, e malgrado le sue limitazioni, va considerato portatore di un progetto di vita”. È quanto dichiarano Spi, Fnp, Uilp Piemonte.
“Il cambiamento non è più rinviabile – dichiarano i Sindacati dei pensionati- Vanno potenziate da subito le cure di prossimità, che rispondono al prioritario bisogno di sicurezza e relazione, contrastando la solitudine e l’isolamento vissuti in modo diverso sia nelle grandi aree urbane che nei luoghi a minore densità abitativa. Le RSA dovrebbero diventare funzionali a un progetto di vita per anziani non autosufficienti con livelli appropriati di cure sanitarie, ma anche spazi per la riconquista di relazioni”.
“Il 2020 è stato terribile – aggiungono i Sindacati dei pensionati – ma soprattutto ha evidenziato tutte le fragilità degli anziani e delle persone ospiti delle rsa. E se il 2021 ci porterà fuori dall’emergenza, uno degli insegnamenti è che non si può non pianificare, anche per i periodi di normalità”. Domiciliarità, come parola d’ordine, ma non solo. “Anche l’integrazione socio assistenziale è una carenza della nostra Sanità, per quanto eccellente. Non vogliamo abolire le rsa, che sono necessarie, ma così com’è il sistema non ha retto e vanno ripensate”.
Quello che chiedono i sindacati e un’offerta intrecciata e integrata tra il servizio pubblico e il privato accreditato. A cominciare dalla presa in carico e dalla valutazione della persona, che devono essere fatti dal pubblico, fornendo un percorso che migliori salute e condizioni di vita.
“Sono i numeri che ci impongono di cambiare anche a livello di sostenibilità della spesa. Ripensare l’assistenza agli anziani renderebbe anche più semplice la gestione economica, oltre a migliorare la coesione sociale. Gli over60 in Piemonte sono oltre un milione, rispetto alla popolazione complessiva di 4 milioni e siamo la seconda regione per concentrazione di anziani in Italia: una tendenza che rischia di rendere insostenibile il sistema dell’assistenza e del welfare”.
Secondo i Sindacati dei pensionati è inoltre necessario ripensare il modello delle strutture residenziali sociosanitarie per anziani, che troppo spesso sono viste solo come luoghi di “fine vita”. “Sono modelli fallimentari, mentre le rsa dovrebbero diventare centri diurni, centri servizi, aperti verso l’esterno e di riconquista di autonomia e di vita, con gli addetti delle strutture che possono andare a casa degli anziani, contrastando la stortura della badanza in nero. Il paradigma è investire in nuove strutture, più efficaci e umane, simbolo di una società che sa prendersi cura dei propri anziani. Ma anche riconsiderare i contributi economici per chi viene curato a casa, visto che le spese sono in buona parte sostenute dal paziente, a cominciare dalle utenze domestiche”.
Un altro passaggio importante, nel ripensamento della domiciliarità, riguarda la concezione di “domicilio”. I sindacati dei pensionati invitano a pensare a forme diverse di abitazione che possano consentire un ambiente più personale e nello stesso tempo migliorare la efficienza degli interventi di cura: gruppi appartamento, co-housing, condomini solidali nelle città e nei quartieri, alloggi in comunità anche come rivitalizzazione di borghi, miniappartamenti in Case di cura e anche in Rsa.