Con una nota unitaria rilasciata nei giorni scorsi Spi, Fnp, Uilp Veneto illustrano in che modo la sanità regionale potrebbe beneficiare del Mes: “La pandemia da Covid-19 ci ha insegnato due cose: abbiamo pagato cari i 37 miliardi che l’Italia in 10 anni ha disinvestito dal settore sanitario (con un -48% su strutture, attrezzi e macchinari e un -5,3% sul personale), e abbiamo avuto la conferma del ruolo centrale dell’assistenza territoriale. In attesa di verificare tempistiche, modalità e gli effettivi importi che arriveranno con il pacchetto anti-crisi Next Generation EU presentato dalla Commissione europea, non dimentichiamo che sempre dalla Ue possono arrivare proprio quei 37 miliardi mancati negli anni grazie al Mes, strumento già operativo. Sono soldi vincolati alla spesa diretta e indiretta legata al Covid-19 e al Veneto toccherebbero 3,5 miliardi. Sarebbero enormi i benefici per la sanità veneta, che ha retto evidenziando però diverse criticità. Sono incomprensibili e ingiustificate le incertezze ad accedervi: le risorse del Mes sono vitali per la sanità pubblica.”
“A livello nazionale e territoriale i soldi del Mes andrebbero prioritariamente investiti per creare un efficace piano di emergenza per affrontare tempestivamente il ripetersi di una eventuale pandemia, senza bloccare però l’attività sanitaria ordinaria – prosegue la nota – . Inoltre, vanno impiegati per riequilibrare le differenze fra le regioni, in modo che su tutto il territorio nazionale siano garantiti i Lea (livelli essenziali di assistenza), superando così il fenomeno della migrazione sanitaria e garantendo a tutti i cittadini il diritto alla salute previsto dalla nostra Costituzione.”
“In Veneto le risorse del Mes si possono incanalare in tre filoni fondamentali: implementazione di personale e strutture, potenziamento della sanità territoriale e tutela delle fragilità. In Veneto abbiamo bisogno di investire di più nella filiera territoriale dall’ospedale al domicilio, che è la grande incompiuta degli ultimi due Piani socio-sanitari regionali; di cancellare le liste d’attesa per evitare che sia necessario rivolgersi alla sanità privata; di veder finalmente diffuse in tutta la regione le medicine associate, che finora hanno cambiato diversi nomi ma sono ancora insufficienti; di rimettere mano al sistema delle case di riposo a partire dalla riforma delle Ipab che aspettiamo da vent’anni. Non possiamo dimenticare che fra i 1.900 morti veneti per Covid-19, oltre 700 erano anziani ospitati in Rsa.”